Con il fango ed un soffio, Dio creò l’uomo. Con la sabbia, il fuoco e il soffio, l’uomo creò il vetro.

Tra le cose prodotte dall’uomo-artefice, sicuramente il vetro è una delle più misteriose ed affascinanti, per la varietà e la bellezza dei risultati raggiunti nei secoli della sua storia.

With the mud and a breath, God created man. With the sand, fire and the breath, the man created the glass.

Accanto al suo uso utilitaristico, legato soprattutto alle funzioni domestiche, il vetro ha da subito raggiunto anche vette altissime con manufatti elaborati legati a funzioni più nobili, in ambito sacro o profano di elevata rappresentanza.

Il vetro artistico rappresenta oggi uno degli ambiti nei quali più si esercita la fantasia e l’abilità della creatività umana;  non a caso i più grandi artisti del novecento hanno firmato anche una vasta produzione di sculture ed oggetti di design, entrati ormai in tutti i più importanti musei del mondo.

Qui a Venezia ci troviamo ovviamente in uno dei luoghi privilegiati per capire e seguire l’evoluzione del vetro, con Murano che costituisce da sempre un marchio di garanzia e di eccellenza. Nomi come Venini, Seguso, Cenedese sono conosciuti in tutto il mondo ed è un vero peccato se questa tradizione subirà le temperie del tempo e del gusto con la chiusura anche di una sola vetreria artistica nostrana a vantaggio di un’importazione selvaggia di simil-Murano.

Anche le piccole collezioni di privati, insieme a quelle importanti e istituzionali, possono e devono mantenere in vita la grande tradizione veneziana del vetro con iniziative aperte al pubblico, a testimonianza ed a memoria continuativa di ciò che è stata Murano nella storia del vetro.

Claudio Bazzichetto ha raccolto in quasi trent’anni di ricerca appassionata molti degli esempi più significativi usciti dalle fornaci muranesi, frutto della collaborazione tra i più importanti maestri-vetrai e artisti famosi. La collezione si è costruita anche attorno ad alcuni temi e nella presente mostra, infatti, si è scelto il tema “animali”, costruendo una specie di “arca”, come scrive Ines Brentan nel testo-intervista, che diventa racconto-confessione attraverso le scelte, i ricordi, gli accostament.

(Paolo Baruffaldi)